L’anno scolastico riparte. Riparte con la decisione, questa volta sostenuta dal Cts, dal Ministro e dal Governo, di restituire alla società una scuola “in presenza”.
È una buona notizia, attesa credo da tutti, comprese le associazioni e le organizzazioni sindacali che per questo obiettivo si sono battute. Quando a luglio abbiamo letto che il Cts riteneva essenziale il ritorno a scuola, perché un altro periodo di dad avrebbe prodotto conseguenze gravi su piccoli e adolescenti, mi sono detto che una battaglia culturale era stata vinta. Quella battaglia la nostra associazione l’aveva sostenuta, forse un po’ troppo in solitudine, con un documento, il “Protocollo pedagogico”, che ha riportato tanti e prestigiosi riconoscimenti. L’approccio securitario, duro ed esclusivo per tutta la durata del ciclo più drammatico della pandemia, sembrava rallentare per lasciare il posto a una visione più ampia, più ricca, in cui gli aspetti relazionali, sociali, affettivi, indotti dalla pandemia, iniziavano a riprendere forma, non dico sostituendo ma affiancandosi alle preoccupazioni sanitarie.
Mentre respiravamo questo nuovo clima, ci siamo ben presto resi conto che avremmo iniziato il terzo anno scolastico consecutivo senza che i prevedibili problemi di natura organizzativa (protocolli di sicurezza, edilizia scolastica e agibilità delle aule, organico adeguato alla situazione, trasporti, la ricostruzione anche parziale di un servizio di medicina scolastica, almeno per la scuola dell’infanzia e primaria, ecc.) fossero stati risolti o quantomeno avviati a soluzione. Trovo tutto questo sconsolante. Vero che nel frattempo era cambiato un Ministro (e un Governo), ma è possibile che nei piani alti della amministrazione scolastica nessuno si fosse mosso in vista della riapertura? Che nessuno avesse fatto tesoro di una esperienza inedita vissuta nelle scuole?
Il risultato è sotto gli occhi di tutti; a riempire le pagine sono le polemiche sul green pass, la situazione di edifici e aule, i problemi irrisolti dell’organico e l’approccio troppo unilaterale del Ministero sull’insieme delle questioni aperte.
Non è questo che ci si attende dal mondo della scuola.
I dati ci dicono con chiarezza che oltre il 90% del personale della scuola ha deciso di vaccinarsi. È un fatto importante perché su questo tema non ci possono essere ambiguità, in primo luogo per chi insegna (e per tutte le figure professionali della scuola): vaccinarsi è un dovere deontologico che non ammette eccezioni (salvo che per motivi sanitari). Almeno questa è la posizione inequivocabile di Proteo. Ed è davvero importante vedere come la scelta di migliaia di giovani di vaccinarsi abbia incrociato quel segnale emerso dal mondo della scuola. Sarebbe accaduto prima se, a partire dalle confederazioni Cgil, Cisl e Uil, si fosse subito promossa, acquisito il vaccino, una campagna di massa per sensibilizzare tutto il mondo del lavoro sull’importanza sanitaria, civile e sociale, della vaccinazione di massa.
Una campagna analoga a quella che le confederazioni praticarono nel corso della epidemia di colera a Napoli, nel 1973, quando le Camere del Lavoro si trasformarono in ambulatori in cui in una settimana fu possibile vaccinare un milione di cittadini napoletani. In quel frangente la libertà individuale e la responsabilità sociale erano un’unica cosa. Con una spinta analoga avremmo avuto meno ambiguità, meno resistenze, meno spazi per chi vuole mestare sulla paura e forse un po’ di convinzione in più da parte del Governo. Esiste infatti una responsabilità inequivocabile del Governo, in cui le contraddizioni interne a una maggioranza composita, sembrano impedire la necessaria determinazione e prontezza su questioni di grande importanza.
Per queste ragioni la ripartenza è molto più complessa di quanto a prima vista possa apparire. E bisogna stare attenti che questo non trascini verso il danno più profondo che è in agguato. Quello di dimenticare che riparte la scuola, riparte la più grande avventura educativa di bambini e giovani, che al centro ci sono loro con le ansie, le paure, le attese, il vissuto di una esperienza indimenticabile. Bisogna al più presto tornare a parlare di educazione, di pedagogia, di didattica, di lavoro di gruppo, di professionalità docente, di rapporto tra scuola e territorio. Questa è la ripartenza che attendiamo e che non è impossibile se evitiamo l’assurdo. L’assurdo di dimenticare che, da quasi tre anni, migliaia di docenti e dirigenti, in particolare nella scuola dell’infanzia e primaria, l’esperienza covid nella scuola l’hanno già vissuta. Ci hanno pensato, riflettuto, discusso. Con sofferenza e con passione. C’è chi ha messo a punto esperienze didattiche e pedagogiche coinvolgendo genitori e studenti; chi ha accumulato e documentato esperienze educative in presenza e a distanza, protocolli pedagogici sul campo. Ci sono Comuni in cui si sono messi alla prova intese con le scuole e strumenti per la migliore organizzazione ricercando soluzioni adatte ai contesti. Molti docenti hanno capito che la pandemia non aveva scosso solo la nostra sicurezza sanitaria ma rimetteva in discussione profondamente le scelte educative e didattiche perché eravamo di fronte non solo a un virus ma a una frattura profonda di un modello di sviluppo, di società, di educazione. La pandemia, nel suo drammatico procedere, cambiava noi e cambiava i bambini e i giovani nelle nostre aule. Per questo abbiamo proposto un nuovo protocollo pedagogico. “Nulla sarà come prima” veniva spesso ripetuto ancora un anno fa, e ora?
Ma è possibile che un Ministro e una pubblica amministrazione non sentano neppure il bisogno di valorizzare e dare voce al vissuto delle scuole? È possibile che ci si attardi ancora a una gestione centralizzatrice e burocratica ignorando quanto si è sperimentato nelle diverse realtà? È possibile ignorare che la vera sfida sarà tornare in aula e ricostruire le ragioni per un nuovo impegno educativo?
A Bergamo, il 7 settembre, la Conferenza nazionale di Programma di Proteo ripartirà proprio da questo patrimonio che la scuola ha accumulato e che la nostra associazione ha interpretato in decine e decine di iniziative. Iniziamo il nostro cammino da Bergamo non solo per non dimenticare le tante, troppe vittime del covid e l’importanza oggi di praticare il vaccino per sconfiggere l’esito mortale della pandemia; ripartiamo da Bergamo per affermare che al centro ci sono loro, i soggetti che hanno diritto alla più importante esperienza di apprendimento della vita, e che noi siamo impegnati a costruire le condizioni affinché questa esperienza possa trovare nella scuola pubblica la sua realizzazione. Valorizzando le esperienze realizzate, la cultura acquisita sul campo, la passione di tante donne e tanti uomini, che oggi danno senso ed energia alla nostra associazione, e di quanti sono impegnati nelle aule rendendo possibile la riapertura delle scuole. A tutte e tutti loro va il nostro sincero augurio e la nostra vicinanza solidale per un nuovo inizio, senza timori ma senza ignorare le troppe ombre che ci circondano.
Dario Missaglia
2 settembre 2021
Per partecipare alla Conferenza nazionale di Programma di Proteo, che si terrà a Bergamo, è necessario iscriversi compilando il modulo allegato che prevede la presenza o il collegamento a distanza per il quale si riceverà il link.