Mobilitazione dal basso e crescita culturale per nuove politiche planetarie.
La delusione del vertice di Glasgow è stata visibile non solo sul volto del Presidente dell’assemblea ma soprattutto nelle migliaia e migliaia di giovani che hanno riempito le piazze del mondo.
Di questa delusione e del suo significato, ci scrive Mario Agostinelli che con Proteo Fare Sapere condivide un impegno formativo e politico sull’ecologia integrale, ben rappresentato dal corso che stiamo diffondendo nelle scuole e che i lettori possono trovare sulle pagine del sito nazionale di Proteo Fare Sapere.
Mi ritrovo nei giudizi politici di Mario laddove sottolinea il peso delle lobby politiche e il ruolo dei poteri dominanti che frenano spinte e sollecitazioni emerse dalla società civile. Mi fermo solo un passo indietro nella sua denuncia perché abbiamo bisogno di giovani capaci di una critica radicale alle forme del processo produttivo e di sviluppo e insieme fiduciosi nella possibilità, fatta di partecipazione democratica e di appassionato studio, di incidere sulle politiche dei governi. La battaglia per affermare le ragioni di un cambiamento radicale è urgente rispetto alla drammaticità della condizione ambientale ed è nello stesso tempo di lunga durata per la profondità del cambiamento che essa esige.
Abbiamo per queste ragioni bisogno di far crescere una consapevolezza diffusa sui temi della giustizia sociale e ambientale capace di modificare in primo luogo i comportamenti individuali, l’etica del consumo a oltranza, dello spreco usa e getta, del rapporto proprietario sulla natura. Un cambiamento, una rivoluzione che non riguarda solo i governi e i leader ma i modelli culturali di vita e di relazione delle persone. Per queste ragioni la prospettiva del cambiamento è inseparabile da un impegno determinante sul versante educativo e scientifico-culturale. Ed è l’impegno che Proteo Fare Sapere continuerà a perseguire anche grazie al prezioso contributo di Mario Agostinelli e della Associazione Laudato si’.
Dario Missaglia, presidente nazionale Proteo Fare Sapere
Dopo la Cop 26: l'ignavia dei potenti.
“Sostenibilità e transizione ecologica non possono essere affrontate senza cambi di paradigma radicali e senza una uscita dai combustibili fossili”. Questa affermazione, caricata di peso dal sostegno di 75 scienziati, è stata tradita da un estenuante percorso negoziale tra rappresentanti di un Pianeta governato dalle lobby, come se non risultasse ormai stremato dalle emergenze.
Dopo la delusione del G20 romano, i 40.000 delegati alla Cop 26 di Glasgow non sono stati in grado di capovolgere un esito che i 200 Stati presenti hanno adottato, ma che dovrà necessariamente essere corretto al più presto da una mobilitazione responsabile e risoluta che le nuove generazioni non mancheranno di assumere.
Che questa sia la fase da cui dipende il futuro stesso di una civiltà umana che poggi sulla condivisione anziché sulla indifferenza nei confronti della biosfera terrestre, è ormai coscienza comune, ma non ancora compito primario dei poteri dominanti. Al loro tavolo – e questa è la novità percepita dai cittadini e dalle generazioni più avvertite – si è da tempo seduta in piena autonomia una Natura depauperata e rimossa nella sua funzione insostituibile dall’ansia di profitto e dalla predazione delle sue risorse rigenerabili.
Il fallimento, secondo noi, poteva andare accreditato sotto tre profili:
1– chiacchiere sulla decarbonizzazione, 2 – finalizzazione al business finanziario e delle multinazionali, 3 – recupero del nucleare quale fonte presunta alleata delle rinnovabili e mallevadore dell’impiego del gas fossile.
La conclusione di ieri sembra avere confermato le previsioni addirittura in peggio.
Il nucleare militare si fa forte della copertura politico-economica e della base tecnica che gli offre il nucleare civile e a Glasgow è stato ulteriormente accostato alla tassonomia degli investimenti "verdi".
Molti ecosistemi naturali stanno superando il punto critico; l’energia interna della Terra, adatta alla possibilità di riproduzione della vita, sta pericolosamente allontanandosi dal suo stato di equilibrio, mentre la pandemia ci ha dimostrato un legame indissolubile tra genere umano e Ambiente, tra salute del Pianeta e giustizia sociale. Si sta così riducendo la finestra temporale utile per agire contro un brusco e irreversibile cambiamento climatico.
Non bastano certo i pochi aspetti positivi del documento finale, in cui sopravvive il riferimento allo scenario del contenimento entro 1,5°C e la conseguente necessità di tagliare del 45 per cento le emissioni di gas serra entro il decennio, senza tuttavia fornire obiettivi di riduzione delle emissioni entro già il 2025 e con una totale assenza di regole per monitorare i progressi fatti. In una vaghezza non priva di drammaticità è maturato perfino lo spregio di un finanziamento accertabile all’azione climatica necessaria per i Paesi poveri da parte dei grandi emettitori di gas climalteranti.
La sostituzione della eliminazione (phase-out) del carbone con la sua riduzione (phase-down) è profondamente deludente ed è fuorviante attribuire la colpa esclusivamente all’India o alla Cina. Di fatto, la presenza dell’Unione Europea è stata segnata da ipocrisia e vero e proprio greenwashing, nella malvagia speranza di aprire la strada nei criteri di tassonomia sostenibile (e quindi di accesso ai fondi pubblici) a un incredibile recupero di gas e nucleare, già presente nel “preaccordo” tra USA e Cina.
La gente del mondo, specialmente i giovani e le comunità sfruttate, sono stati ancora una volta traditi dai loro leader. Nessuno verrà a salvarci, se non noi stessi.
Glasgow va quindi preso come punto di partenza inadeguato su un terreno compromesso. Occorre ribellarsi proprio quando sembra trionfante la “voce del padrone” che così commenta sulla prima pagina del Foglio del 14 novembre 2021 l’esito della Cop 26: “Meno isterismo, più gradualità, meno ideologia, più spazio ai privati. La transizione del futuro è tutta qui”!
Siamo nel pieno di un'emergenza climatica, ma ancora in tempo. Anche se nel testo finale sono pochi gli appigli significativi che i Paesi e i movimenti al loro interno e su scala globale possono sfruttare per aumentare le proprie ambizioni climatiche, non dobbiamo cessare di lottare, accrescendo contemporaneamente in informazione e conoscenza, per offrire un contributo efficace nel lasso di un tempo che può venire a mancare, se politica, economia e società si danno per perse e guardano altrove.
Quindi, promuovere adeguatamente nella scuola e nell’organizzazione del lavoro la conoscenza scientifica e interdisciplinare del capitale naturale è dare una mano insostituibile all’azione di donne e uomini che credono nella continuità della Storia, anche se drammaticamente adusi a essere considerati unicamente “tra loro fraterni” e, verso la Terra, “di una scontata quanto inutilizzabile buona volontà”.
Mario Agostinelli, presidente Associazione Laudato si’