Associazione professionale Proteo Fare Sapere
07 gennaio 2025 Nazionale

Pubblichiamo l'introduzione del presidente nazionale di Proteo Fare Sapere al convegno
Nazione, identità e scuola
Linee per una discussione critica
del 19 novembre 2024

Nazione, identità e curricolo
Massimo Baldacci

L’emanazione delle Indicazioni curricolari non è un atto meramente epistemologico, o puramente didattico. Si tratta, prima di tutto, di un atto di politica culturale e formativa. Rispetto a ciò, occorre ricordare il Quaderno 29 di Gramsci: perfino la pubblicazione di un libro di grammatica va visto come un atto di politica culturale.
Quando si modificano le Indicazioni curricolari siamo perciò in presenza di un cambiamento della politica culturale e formativa che riguarda la scuola. Può trattarsi di un semplice aggiornamento, nella continuità degli indirizzi di politica culturale. Oppure, di un mutamento di questi ultimi, e quindi di una trasformazione dell’idea di scuola. Occorre allora chiedersi quali siano gli indirizzi politico-culturali che potrebbero innervare nuove Indicazioni curricolari nella presente fase storica. Rispetto all’attuale compagine governativa (ma la problematica va oltre questa) si possono indicare almeno tre indirizzi: l’economicismo, l’autoritarismo, il nazionalismo.

Qui intendiamo occuparci in modo specifico di questo terzo indirizzo, inerente al nazionalismo, valutando i significati e gli effetti di una sua possibile assunzione come riferimento delle Indicazioni curricolari. Un indizio di questa pulsione pedagogica nazionalista è rappresentato dal volume di Galli della Loggia e Perla, Insegnare l’Italia (2023). Tenuto conto delle posizioni ivi espresse, probabilmente il luogo sgradito delle Indicazioni curricolari del 2012, che ci si appresta a modificare, è quello dell’apertura interculturale del curricolo e del taglio critico ivi assegnato alle scienze umane e alla storia in particolare. Il senso di questi orientamenti era trasparente.  Le nostre società stanno progressivamente diventando multiculturali, e questa tendenza sembra inarrestabile. Pertanto, riconfigurare il curricolo in senso interculturale appare una necessità formativa ineludibile per preparare tutti i giovani (compresi quelli con background migratorio) a vivere in una società connotata dalla complessità culturale.

Se si vuole rideterminare il curricolo in senso nazionalista, questi sono ostacoli da abbattere. Ma “nazionalista” in quale senso? Nel senso del ruolo attribuito alla identità nazionale italiana entro il curricolo. In tale volume, infatti, questa identità è presentata come il cemento della coesione nazionale dello Stato, come il frutto della sua storia e della sua tradizione. In questo modo si prefigura l’abbandono di una prospettiva interculturale a favore di una monoculturale identitaria. Inoltre, l’identità nazionale viene indicata come l’asse formativo attorno al quale organizzare in maniera unitaria l’intero curricolo degli studi. Si potrebbe dire, come fondamento e coronamento dell’istruzione scolastica. Perciò, essa è proposta come il centro ordinatore dell’insegnamento dei vari saperi (almeno di quelli umanistici), e quindi come principio “interdisciplinare” (con uso che ci pare generico e non calibrato di questo termine dal punto di vista epistemologico).

Rispetto a queste tesi – qui presentate in forma schematica – è però legittimo e opportuno avanzare alcune brevi considerazioni critiche.

Muoviamo, innanzitutto, dalla questione dell’identità personale e sociale, prescindendo dal suo profilo nazionale. Tale identità non è un dato predefinito rispetto al soggetto, bensì un compito che questi deve affrontare, e come tale costituisce un problema la cui natura tende a mutare storicamente (Erickson, 1963). Adempiere a tale compito richiede un’opera di costruzione psico-sociale, che si compie nel rapporto e nella tensione con l’alterità. Il fatto che oggi l’identità sociale tenda ad assumere un profilo culturale e come tale sia diventata una sorta di ossessione (Remotti, 2010) dipende essenzialmente dai processi di frantumazione sociale e di individualizzazione prodotti dalla società competitiva neoliberista (Bauman, 2003). La condizione di solitudine individuale e di spersonalizzazione spinge a cercare un fondamento alla propria identità personale nell’appartenenza a una comunità di qualche tipo. Un particolare tipo di comunità è la cosiddetta nazione.

Veniamo allora all’idea di nazione. Rispetto ad essa si possono evidenziare due concezioni fondamentali: l’una essenzialista, costruttivista l’altra (Sorba, 2023). Secondo la concezione essenzialista, la “nazione” è una sorta di dato di natura, o se è di origine storica questa si perde nella notte dei tempi. Come tale, essa è un dato in sé che non richiede la consapevolezza da parte dei soggetti. Nella sua versione forte, questa concezione esprime una comunità di sangue (una omogeneità biologica) e quindi anche di destino. Per la concezione costruttivista, invece, la nazione rappresenta una costruzione politico-culturale di origine moderna. Essa non è, cioè, un’entità data e precostituita, bensì un’invenzione degli Stati in una certa fase storica (quella della cosiddetta nation building). Si tratta, cioè, di una rappresentazione culturale-ideologica per fidelizzare le masse verso lo Stato, ossia per promuovere la loro nazionalizzazione (Mosse, 2009). Come tale, la nazione è una comunità immaginata (Anderson, 2009), il cui immaginario è costruito attraverso la comunicazione sociale (a partire dalla stampa). Un immaginario in cui gioca un ruolo rilevante l’esistenza di pretese antiche tradizioni culturali, che spesso sono invece invenzioni piuttosto recenti (Hobswam, Ranger, 1987).

L’idea di nazione che circola nel testo di Galli della Loggia e Perla, pur non afferendo pienamente alla concezione essenzialista (Galli della Loggia è attento a rimarcare l’origine storica della nazione) tende però a condividere con essa l’ipostatizzazione di tale idea, che diviene comunque un dato consolidato e non un processo. Quindi, l’identità nazionale diviene un fondamento, qualcosa da cui si deve partire, anche sotto il profilo pedagogico.

Personalmente sono invece incline verso una concezione costruttivista: l’identità nazionale non emerge spontaneamente dalla storia, e non costituisce nemmeno un dato immediato del vivere in un certo Stato; piuttosto, essa rappresenta una costruzione culturale a scopi politico-egemonici. Presuppone, cioè, un’operazione egemonica da parte di gruppi sociali dominanti o che aspirano alla guida di un Paese.

Tuttavia, è vero che negli ultimi lustri è cresciuto un senso comune innervato da motivi identitari nazionalisti. Come si è già detto, di fronte alle paure e allo smarrimento provocati dalla ristrutturazione mondiale del capitalismo, rispetto alle ansie e alle angosce generate dal regime di competizione continua promosso dal neoliberismo, si cerca rifugio e sicurezza nell’illusione identitaria, nel senso d’appartenenza a una qualche comunità. La critica delle concezioni essenzialiste dell’identità nazionale, almeno per il momento, non è perciò riuscita a incidere in modo significativo sul senso comune.

Torniamo alla questione del curricolo. Una volta ipostatizzata l’identità nazionale come un esito spontaneo della storia, la si può usare per curvare il curricolo in senso nazionalista e monoculturale (vs. interculturale). In questo modo, però, si ignora (o si finge di ignorare) che enfatizzare l’identità nazionale non ha soltanto un valore distintivo, ma è utilizzabile in senso antagonistico contro il diverso. Si rischia, cioè, di scivolare con facilità dal noi e loro al noi contro loro. Si ignora (o si finge di ignorare) che questo è il tipo di uso politico dell’identità nazionale che appare già in atto in rapporto alla problematica dei flussi migratori. Si ignora (o si finge di ignorare) il pericolo che questo possa portare all’odio per i diversi e alla xenofobia.

Il discorso dovrebbe essere molto più articolato, ma già da queste sommarie considerazioni emergono forti dubbi circa un curricolo che elegga l’identità nazionale italiana a fondamento e coronamento del percorso di istruzione. Rispetto a questa ipotesi, va riaffermato che questo fondamento-coronamento può essere rappresentato soltanto dal complesso di valori che innervano i principi della Costituzione.

Un’ultima considerazione. In maniera per certi versi sorprendente, l’ipotesi di un curricolo nazional-identitario ha preso forma nella stagione che vede il tentativo di realizzazione dell’autonomia differenziata. Da una parte si enfatizza l’identità nazionale, dall’altra si rischia di smembrare la nazione in comparti regionali chiusi nei loro egoismi socioeconomici. Si tratta di una indubbia contraddizione, ma forse c’è una logica. Il fantasma dell’identità nazionale appartiene all’ordine dell’ideologia, al rapporto immaginario col mondo. Proprio nel momento in cui il mondo nazionale rischia di andare incontro alla frammentazione, diventa opportuno riproporre una sua immagine unificata in interiore homine, imperniata su una comune identità italiana. Una comune fratellanza al di là delle diseguaglianze sociali e delle disparità territoriali (che sarebbero inasprite dall’autonomia differenziata). A questo proposito, non è forse casuale che nel volume di Galli della Loggia e Perla si proponga (forse un po’ anacronisticamente) di tornare a far leggere a scuola il Cuore di De Amicis. Opera attraversata dall'ideologia della fratellanza interclassista, che mira a unire i vari strati sociali per il bene comune della nazione, pur nel mantenimento delle diseguaglianze sociali esistenti.

Concludendo, il varo di un curricolo centrato sull’identità culturale italiana sarebbe una operazione culturale e pedagogica di carattere regressivo, che eluderebbe i veri problemi culturali e educativi dell’attuale fase storico-sociale.

 

Riferimenti bibliografici essenziali
Anderson B. (2009), Comunità immaginate, Laterza, Roma-Bari.

Bauman Z. (2003), La società individualizzata, Il Mulino, Bologna.

Erickson E. (1963), Infanzia e società, Armando, Roma.

Frabboni F. (1986), Dal curricolo alla programmazione, Giunti e Lisciani, Teramo.

Galli della Loggia E., Perla L. (2023), Insegnare l’Italia, Scholé, Brescia.

Gramsci A. (1976), Quaderni del carcere, Einaudi, Torino.

Harvey D. (2021), Cronache anticapitaliste, Feltrinelli, Milano.

Hobswam E.J., Ranger T. (a cura di) (1987), L’invenzione della tradizione, Il Mulino, Bologna.

Mosse G. (2009), La nazionalizzazione delle masse, Il Mulino, Bologna.

Remotti F. (2010), L’ossessione identitaria, Laterza, Roma-Bari.

Scurati C. (1978), Introduzione a Stenhouse L., Dalla scuola del programma alla scuola del curricolo, Armando, Roma.

Sorba C. (2023), Nazione, in Banti, Fiorino, Sorba (a cura di), Lessico della storia culturale, Laterza, Roma-Bari.