di Dario Missaglia, Cts Proteo Fare Sapere
Non si può non restare sgomenti di fronte al terribile plurimo omicidio accaduto in questi giorni. E lo sgomento cresce di fronte al fatto che l’autore sia un giovane di 17 anni.
Ho imparato in tanti anni di magistratura minorile a non lanciarmi in riflessioni e considerazioni su una vicenda penale, senza prima aver letto e studiato a fondo tutte le carte a disposizione sui fatti accaduti. È un invito che rivolgo a tutti coloro che, in attesa di avere un quadro preciso e approfondito su quanto sia presumibilmente accaduto, rischierebbero soltanto di complicare una ricerca molto delicata e complessa. Ci vorrà tempo per capire.
Alcuni elementi di contesto si possono però iniziare a delineare per cercare lo sfondo su cui può innestarsi un fatto così drammatico ed eccezionale. Il PM che si occupa del caso, con parole attente, molto misurate e pensate con cura, ha voluto sottolineare la dimensione di grave “solitudine” che il minore ha confessato. E, ha proseguito il PM, questa condizione appare oggi presente in maniera preoccupante tra i minori che entrano nel circuito della giustizia minorile. È come se il PM avesse voluto lanciare alla società degli adulti (le famiglie, le istituzioni, la scuola, gli organi di governo), un segnale di allarme che non può essere ancora una volta disatteso.
Perché allarmi simili erano già stati inviati e con forza. Potrei ricordare la campagna di Proteo su “allarme rosso per infanzia e adolescenza”, nel 2022, per tentare di sensibilizzare il mondo della scuola (famiglie, studenti, docenti e dirigenti) sugli effetti gravi e profondi determinati dal covid e dalle conseguenze psicologico/educative di una prolungata condizione di isolamento. Proprio per quelle ragioni, approfondite in articoli e saggi che meritano di essere riletti, invitavamo il Ministero dell’Istruzione a progettare un rientro a scuola che fosse una ripartenza all’insegna della cura alla persona, della valorizzazione della ricostruzione di dinamiche di gruppo, collaborazione, lavoro cooperativo, ricerca sul territorio. Una scuola aperta per chiudere gli smartphone e ricostruire socialità, sensazioni, sentimenti nel pieno di una attività centrata sulla relazionalità. La risposta è stata il richiamo alla disciplina, al rigore degli studi e ai test invalsi, al ritorno al voto numerico e all’introduzione del voto di condotta e del 5 per bocciare, all’inasprimento delle sanzioni disciplinari.
A nulla sono valsi anche gli appelli dei medici, dei pediatri e psicologici, che denunciavano l’aumento del numero di casi di bambini con gravi situazioni di stress, di adolescenti in crisi profonda con crescenti fenomeni di atti di violenza verso se stessi e gli altri. Episodi che hanno iniziato a materializzarsi purtroppo anche dentro le aule di scuola.
A nulla sono valsi gli appelli per una attenta riflessione sulla condizione dei minori detenuti negli istituti di pena; una condizione sempre più difficile, esplosa nel corso dell’estate in numerosi episodi di violenta protesta all’interno degli istituti. Su tutto è scesa la coperta ideologica del decreto Caivano: lo Stato che organizza la risposta penale e securitaria contro la dilagante violenza minorile. Analoghe le scelte in ambito scolastico.
Invece di mettere al centro la più grande crisi educativa del nostro tempo e la ricerca intorno ai rimedi possibili con una mobilitazione di tutti i soggetti e le istituzioni responsabili, si è preferito agitare l’ideologia e la retorica dell’ordine e della disciplina.
In questo contesto, la proposta del Ministro Valditara sul nuovo indirizzo dell’educazione civica nelle scuole, lascia davvero esterrefatti. Retorica neosovranista, subalternità al mercato e all’autoritarismo, sono i perni ideologici di quella proposta che Massimo Baldacci ha stroncato sulle pagine del sito di Proteo del 26 agosto, mettendo a nudo il progetto ideologico del Ministro, la sua intrinseca caoticità e debolezza di contenuti, l’impossibile praticabilità organizzativa, lo svilimento di ogni riferimento alla Costituzione che è ridotta a testo da studiare senza neppure richiamare che quella Carta rappresenta l’atto di nascita della democrazia in Italia, la definitiva liberazione da una dittatura brutale, il fondamento di un’etica della libertà. Non a caso, dunque, il CSPI ha respinto la proposta del Ministro, interpretando certamente una opinione diffusa tra le aule di scuola.
Al di là del merito delle singole questioni, infatti, come è possibile lavorare a una proposta di educazione civica, cioè di formazione alla convivenza civile, alla ricostruzione del senso di comunità, senza una riflessione aperta e condivisa sulla condizione attuale dei piccoli e degli adolescenti?
È a partire da questo versante molto concreto che inizia a franare e a mostrare la totale insensatezza, la costruzione ideologica che il Ministro vorrebbe imporre alla scuola. Ed è sempre dal mondo concreto dell’infanzia e dell’adolescenza e da quel lievito madre che è la nostra Costituzione che deve ripartire la ricerca per una educazione civica che promuova la crescita della persona e della comunità democratica.