La sfida educativa dello zero/sei: riflessioni e proposte
per affermare i diritti dell’infanzia
1. In un’ottica di lifelong learning i servizi educativi per i bambini fino a sei anni gettano le basi per sviluppare pienamente le potenzialità di ciascuno, per contrastare condizionamenti sociali e culturali negativi e soprattutto le vecchie e le nuove forme di povertà e realizzare quindi un processo di educazione, istruzione e formazione permanente che accompagni il cittadino per tutto l’arco della sua esistenza. Coerentemente con tale impostazione l’Associazione Proteo Fare Sapere ritiene fuorviante e limitante la definizione di “sistema integrato” in quanto implica la possibilità dell’esistenza di un sistema altro, all’interno del sistema di educazione/apprendimento permanenti, con il rischio di una sua separazione/emarginazione. Lo zero/sei invece va visto a pieno titolo come segmento unitario, primo livello del sistema nazionale di educazione e istruzione così come raccomandato dall’UE.
Del resto nello stesso Rapporto Finale del 13 luglio 2020 “Idee e proposte per una scuola che guarda al futuro” - elaborate dal Comitato di esperti DM 21 aprile 2020, n. 203 (presieduto dallo stesso prof. Bianchi) e rese note solo all’indomani della sua nomina a Ministro dell’istruzione – si prefigura che il segmento unitario zero/sei di cui al D.Lgs 65/2017 viene posto a pieno titolo alla base del sistema nazionale di istruzione ed educazione (Cap. 5, paragrafo 5.1). E in questa direzione si collocano anche le Linee pedagogiche per il sistema integrato zero/sei elaborate dalla Commissione Nazionale per il sistema integrato di educazione e istruzione – art. 10 D. Lgs 65/2017 - presieduta da Giancarlo Cerini, pubblicate successivamente e sottoposte a una ampia consultazione, che mette al centro le bambine e i bambini con l’obiettivo di fornire una cornice pedagogica di riferimento in grado di conciliare i due attuali segmenti 0/3 e 3/6 in una logica di segmento unico zero/sei. Lentamente, pur permanendo resistenze e difficoltà, sembra affermarsi l’opinione che debba essere superato il cosiddetto split system con la strutturazione di un unico percorso educativo che accompagni le bambine e i bambini nella crescita sana, autonoma, equilibrata e armoniosa verso l’ingresso nella scuola primaria e successivamente verso gli altri ordini di scuola nel pieno rispetto dei loro diritti e del ruolo dei genitori e delle famiglie.
Una nuova prospettiva in campo educativo sullo “0-6”, frutto di consapevolezze maturate dentro e attorno ai servizi educativi per l’infanzia e nelle scuole dell’infanzia, che trova anche riscontro nel dibattito internazionale, ha messo in evidenza come la frequenza di servizi educativi di elevata qualità può avere ricadute positive a lungo termine sia sul piano cognitivo che relazionale: investire nell’infanzia è perciò necessario per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale. È dunque nel segmento di educazione e istruzione dalla nascita ai sei anni che il Parlamento ha individuato lo strumento principale per l’attuazione di questo diritto e il dovere dello Stato nel garantirlo in maniera da assicurare alle bambine e ai bambini pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali, oltre alla conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, la promozione della qualità dell’offerta educativa e della continuità tra i vari servizi educativi e scolastici, la partecipazione delle famiglie.
Operazione non facile per via della variegata, complessa e diversa struttura dei due segmenti che hanno avuto nella loro evoluzione storica sotto il profilo delle scienze pedagogiche e psicologiche, sotto quello sociale ed economico e quello giuridico e istituzionale. Del resto il legislatore del D. Lgs. 65/2017 si è dovuto accontentare di fornire una mera fotografia della realtà esistente, provando a sistematizzarla non senza contraddizioni, per evitare di entrare in conflitto con il modello istituzionale nato con la modifica del titolo V della Costituzione.
2. In questo quadro le Linee Pedagogiche rappresentano un contributo interessante e apprezzabile da un punto di vista teorico, che va inserito nella intelaiatura dei documenti di riferimento che sono alla base del D. Lgs. 65/2017: a) le Linee pedagogiche 0-6 (la comunità culturale); b) le Indicazioni nazionali per il curricolo 3-14 (già esistenti dal 2012); c) gli orientamenti educativi 0-3 ancora da definire, nell’intento di dare forma e di sorreggere il segmento 0-6 attualmente articolato nella sua governance tra Stato, Regioni, Comuni, strutture private con variabili livelli di integrazione.
In tale contesto una linea cardine è data dal segmento 0/3, che viene organizzato sotto il nome “Servizi educativi per l’infanzia” (in particolare asili nido, micronidi, sezioni primavera, servizi educativi), mentre per le strutture organizzate per i bambini al di sopra dei tre anni parliamo di vere e proprie Scuole dell’infanzia.
Nello 0/3 lo Stato non è presente e il variegato sistema vede la presenza contemporanea del pubblico (comunale) e del privato rispettivamente del 50% equamente suddivisa con una copertura media nazionale pari al 24,7% ben lontana dal target del 33% proposto dalla UE. I riferimenti legislativi: L. 1044/71 e le rispettive leggi regionali, mentre al di sopra dei tre anni si assiste ad un parallelismo gestionale integrato fra scuole dell’infanzia dello Stato, dei Comuni e dei privati rispettivamente 60%, 10% e 30% per una copertura complessiva del 94%. Riferimenti legislativi: L. 444/68 e L. 62/2000.
Questa estrema varietà di situazioni (a cui va aggiunta la scuola a gestione provinciale di Trento e di Bolzano) rende certamente complessa l’elaborazione di un documento di carattere comune con cui i vari soggetti possano in qualche modo riconoscersi. In questo senso la consultazione lanciata dal Ministero sulle Linee Pedagogiche lo scorso 31 marzo rappresenta una sfida educativa e sociale importante in quanto avvia un grande dibattito nazionale che ha come protagonisti tutti i soggetti diretti e indiretti coinvolti nella realizzazione di una scuola che abbia al centro gli alunni fin dall’infanzia dove lo zero/sei entri a pieno titolo a far parte del nostro sistema nazionale di educazione e di istruzione.
3. Se sul piano pedagogico e psicologico le Linee Pedagogiche costituiscono la cornice di riferimento ovviamente integrate e armonizzate con gli orientamenti educativi 0/3 una volta definiti, rimangono ancora da sciogliere alcuni nodi non risolti dal D. Lgs 65/2017. Problemi che attengono ad aspetti sociali, culturali, economici, giuridici e istituzionali non di poco conto. Uno dei nodi da dipanare è quello rappresentato dalla governance plurilivello prevista dalla legge. Sotto questo aspetto le Linee Pedagogiche rappresentano il primo tassello per superare la segmentazione istituzionale tra i due cicli e promuovere la continuità del percorso educativo da 0 a 6 anni diventa dirimente: a) attribuire con più chiarezza competenze e responsabilità allo Stato, alle Regioni e Province Autonome e ai Comuni; b) omogeneizzare i titoli di studio in ingresso per il personale educativo a livello di laurea; c) rafforzare la formazione in ingresso e continua di tutto il personale (educatrici, insegnanti, personale amministrativo, tecnico e ausiliario, dirigenti e personale direttivo); d) prevedere nuove figure professionali a sostegno del ciclo educativo zerosei (coordinatori pedagogici, personale qualificato nella attività di cura etc.) anche attraverso la realizzazione di una gestione sociale e una gestione pedagogica per “aggregati strutturali” che comprendano almeno un nido e una scuola dell’infanzia (mediante comitati di gestione ed équipes socio-psico-pedagogiche); e) la programmazione dei “poli dell’infanzia” comprendente anche ludoteche, parchi-giochi, strutture da frequentare liberamente, ma gestite pedagogicamente (fondamentale l’importanza del gioco e del contatto con la natura, che dovrebbero occupare il massimo spazio temporale di bambine e bambini); f) ripristinare la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni relativi ai nidi d’infanzia e alle scuole dell’infanzia così come originariamente prevedeva la legge prima che fossero sostituiti con l’espressione variabile dei fabbisogni standard. I livelli essenziali indicano infatti le prestazioni minime che devono essere garantite a tutti e, quindi, fanno riferimento ai diritti soggettivi che determinano l’obbligo per lo Stato di garantire le condizioni per una loro attuazione generalizzata; g) fare del calo demografico l’occasione di un uso più articolato delle strutture esistenti e di un impiego più flessibile del personale (sperimentando nuovi ruoli e nuove funzioni).
In un sistema che prevede la contemporanea presenza nella gestione di più soggetti pubblici e privati servono regole più cogenti che definiscano con chiarezza l’orizzonte dei diritti e dei doveri dei soggetti, in maniera tale da rendere esigibili e omogenei su tutto il territorio nazionale i diritti sociali e civili dei minori.
In questo senso sarebbe opportuno definire una norma-quadro nazionale condivisa dalle Regioni e dagli EE.LL. che governi il segmento zero/tre e più in generale tutto lo zero/sei sulla base di norme uniformi su tutto il territorio nazionale in analogia a quanto già avviene per la scuola dell’infanzia non statale con la legge 62/2000.
Il richiamo al rispetto dei CCNL di settore (istruzione e educazione) rappresenta, tra gli altri, uno degli indicatori di garanzia dei diritti uguali per tutti. La loro esigibilità è da considerare come un LEP che, assicurando uguale trattamento economico e giuridico al personale, diventa strumento di funzionalità per l’intero sistema e consolida la coesione sociale.
4. Oggi i segmenti 0-3 e 3-6 non vedono gli stessi servizi ugualmente garantiti a tutti, in Italia. Senza dubbio da questo punto di vista le Linee Pedagogiche sono non solo una sfida educativa ma anche sociale, perché richiamano l’attenzione su un settore che è solo apparentemente localizzato, ma che in realtà coinvolge l’intera Repubblica.
In Italia, ancora oggi i servizi educativi per i bambini sotto i tre anni sono molto carenti, vi accede solo il 25% di bambine/i e molto meno al sud. Così come al sud vi è minore presenza di sezioni di scuola dell’infanzia, soprattutto a tempo pieno. E in questo senso i più penalizzati sono le bambine e i bambini appartenenti a famiglie a basso reddito, dove peraltro si registra negli anni successivi la più alta percentuale di insuccesso, dispersione e abbandono scolastico.
Investire, quindi, nella prima infanzia, così come ribadito anche nelle Linee pedagogiche, non è solo dare un sostegno alle famiglie, ma consente di porre le basi affinché ognuna e ognuno sviluppi appieno le sue capacità, il suo potenziale di cittadinanza; e contemporaneamente consente di agire sulle disuguaglianze e sulle povertà educative la cui mancata rimozione incide fortemente sulla coesione sociale e sullo sviluppo economico del Paese. L’accesso ai servizi all’infanzia complessivamente intesa deve essere quindi riconosciuto come servizio universale a livello nazionale e non sottoposto a logiche commerciali. Il che richiede a monte non solo la definizione dei LEP ma il depotenziamento del fenomeno degli anticipi e l’estensione diffusa del tempo pieno. Contemporaneamente e parallelamente vanno riviste le politiche fino a oggi perseguite dallo Stato e dagli EE.LL. legate agli investimenti e alle risorse che fin qui hanno connotato in particolar modo i servizi destinati all’infanzia e alla prima infanzia.
Le politiche di contenimento della spesa avviate dai governi di questi ultimi anni hanno determinato un progressivo “disimpegno” nella gestione diretta dei soggetti pubblici (Stato e comuni) dei servizi destinati all’infanzia e alla prima infanzia nonostante una crescita della domanda. Oggi per consentire uno sviluppo coerente dello zero/sei in linea con i principi e gli impegni assunti ai vari livelli, internazionali, istituzionali, politici, culturali, sociali e pedagogici è necessaria un’inversione totale di tendenza. Si tratta in primo luogo di ridefinire in maniera cogente e vincolante i rapporti tra soggetto pubblico e soggetti privati all’interno di un sistema di regole condiviso e ben preciso in tutti i casi di esternalizzazione dei servizi parziali o totali, appalti, convenzioni e affidamenti, reintroducendo laddove è possibile processi di reinternalizzazione. L’esperienza dimostra che non ci si può limitare a regole esterne costituite dai requisiti di autorizzazione e di accreditamento; ci vogliono norme legislative a livello nazionale e/o a livello regionale più vincolanti e più puntuali che stabiliscano con certezza diritti e doveri per i soggetti coinvolti. Non si tratta solo di definire una parità economica del personale chiamato a fornire la sua prestazione lavorativa, ma anche normativa perché il settore in questione è costellato dalla presenza di una molteplicità di contratti nazionali di lavoro con caratteristiche diverse tra loro (orari, salari etc.).
È evidente che le condizioni del mercato dei servizi all’infanzia, suffragate finora dalle scelte politiche, scontano prospettive diverse tra gestori pubblici e gestori privati e tra gli stessi privati, dove però la “competizione” non si svolge in maniera perfetta in quanto poggia su di un presupposto fondamentale fortemente differenziato: il costo del lavoro. Bisogna quindi puntare su qualità del servizio e professionalità degli operatori per garantire così un servizio il più possibile omogeneo su tutto il territorio nazionale.
I servizi educativi e le scuole dell’infanzia sono beni fragili e le difficoltà derivanti dalla recente pandemia ne hanno dato una ulteriore conferma, hanno quindi bisogno di attenzioni continue, investimenti economici e culturali, scelte politiche, amministrative e pedagogiche. Interventi strategici per la loro realizzazione sono quelli che fanno leva sul coordinamento pedagogico, la formazione in ingresso e continua del personale, la diffusione delle sezioni primavera e dei Poli per l’infanzia.
5. La campagna di consultazione lanciata dal Ministero dell’istruzione ha il merito di aver lanciato una discussione certamente importante anche sull’idea di sistema nazionale di istruzione ed educazione che si intende costruire. Questa nuova progettualità deve però avere gambe sicure su cui poggiare: una diversa governance pubblica, un progetto pedagogico coerente, percorsi di formazione iniziale specifici e di formazione continua in servizio, coordinamenti pedagogici territoriali unitari. Una strada rispettosa delle culture prodotte nei servizi educativi e nelle scuole dell’infanzia il cui incontro potrà far avanzare sulla strada dell’attuazione del diritto alla cura e all’educazione di ogni bambino fin dalla nascita, ma che per quanto finora richiamato richiede una attenta vigilanza da parte di tutti i soggetti interessati affinché il percorso si realizzi davvero.
Il documento sulle Linee Pedagogiche porta con sé il ricordo di Giancarlo Cerini, del suo inesauribile impegno e passione per il mondo dell’infanzia e dei suoi diritti. Una testimonianza che Proteo non dimenticherà. Vogliamo sperare, anche nel suo nome, che sia iniziato un processo per cominciare davvero a investire nell’educazione, nell'istruzione e nella formazione come unica strada possibile per non perdere il treno della ripresa e la speranza nel futuro.
5 maggio 2021