Missaglia ha aperto il suo intervento ricordando l’impegno dell’Associazione Proteo Fare Sapere nell’attività di promozione e cura delle professioni della conoscenza praticato a livello nazionale e territoriale, realizzando in tal modo anche un contributo prezioso al proselitismo verso la FLC. Ha sottolineato la collaborazione in tante occasioni tra Proteo e FLC per cercare di leggere e affrontare i grandi e profondi cambiamenti nel mondo della conoscenza, e in particolare nella scuola, di fronte ai quali si coglie una generale inadeguatezza nelle risposte. E a proposito di risposte a problemi complessi ha ricordato la figura di Aldo Capitini, personaggio scomodo, molto duro con gli atteggiamenti corporativi e di chiusura verso la società da parte della scuola, convinto che se la scuola non si apre, muore. Sull’esempio della lezione di Capitini, Missaglia è convinto che oggi ci sia bisogno di “idee radicali”, per guardare al futuro.
In gioco c’è la nostra capacità di lasciare una eredità culturale che non consegni le nuove generazioni alla rassegnazione.
E qui è entrato nel tema clou del suo intervento, proponendo una lettura innanzitutto dei modelli educativi che stanno caratterizzando il mondo dell’infanzia e della adolescenza, le conseguenze della pandemia sui piccoli e i giovani, il senso di rassegnazione che ha lasciato, accompagnato da una crisi di valori e di partecipazione, un percepibile senso di sfiducia. Anche le elezioni regionali ed ancor prima le politiche, hanno evidenziato la stanchezza della democrazia, la certezza che essa non è un automatismo ma un valore prezioso da “curare”, acculturare. Una delle risposte è diffondere tra i docenti il “concetto di cura”, un concetto che intreccia tutti gli elementi complessi dell’esistenza. Nell’idea di cura non c’entrano le discipline come le abbiamo conosciute e tradotte organizzativamente nella scuola – ha precisato – anzi si tratta di “discipline indisciplinate”, perché sono una pratica sperimentale, un esercizio di democrazia quotidiana: guardare gli alunni e gli studenti dentro il loro contesto di vita, il loro ambiente. È un riconnettere conoscenza ed etica nei processi di apprendimento, come pure ci hanno insegnato grandi pedagogisti contemporanei, da Morin, a Bruner a Gardner.
Dopo aver criticato le esternazioni del ministro Valditara, si è stupito anche di come tanti intellettuali parlino della scuola, senza conoscerla, pensando solo a quella “liceale” che hanno frequentato decenni fa, che non esiste più. “Il passato come analgesico dell’esistente”. Una triste rassegna di opinionisti che dobbiamo pur leggere “con l’aggravante della buona fede”, come avrebbe detto don Milani. Di fronte a questa dilagante rassegnazione, Missaglia propone di “diventare promotori di democrazia e partecipazione”.
La mobilitazione per la pace è l’occasione per attivare un movimento di popolo per un nuovo umanesimo che deve avere per protagonista l’Europa.
Per queste ragioni l’Italia deve stare nell’alleanza atlantica con una sua autonomia per costruire la realtà di una nuova Europa. Su questo versante il silenzio della sinistra è davvero assordante. Non possiamo lasciare i giovani di fronte a un futuro in cui ci siano soltanto la Russia, la Cina e gli USA. L’Europa, che come ha scritto Braudel è antica, non è vecchia, ha in sé il potenziale per diventare, proprio grazie alla sua storia, alle culture che l’hanno animata, ai popoli e alla mescolanza di etnie che ne hanno fatto la storia, quella casa di un nuovo umanesimo per il futuro dell’umanità.
Affrontando poi il tema dell’autonomia differenziata ha auspicato la creazione di un ampio fronte di opposizione al disegno del governo. E su questo Missaglia ha annunciato l’impegno di tutto l’associazionismo professionale. Occorre spiegare bene a tutti, che “La formazione delle nuove generazioni non si può affidare a nessun campanile”. Il “curricolo” della Costituzione, la memoria storica della Repubblica, la sua radice repubblicana e antifascista, è patrimonio nazionale incedibile. Va sconfitta pertanto l’ipotesi di differenziazione del sistema formativo.
Ma per realizzare questo obiettivo, bisogna ridare nuovo slancio all’autonomia scolastica. Anche l’autonomia scolastica infatti, varata alla fine degli anni ‘90, rischia di perdersi. Missaglia, quindi, propone di aprire una discussione innanzitutto sulla dimensione orizzontale della scuola, perché anche da qui passa una rinnovata partecipazione democratica nel territorio.
Se la scuola non sarà capace presto di ricostruire un rapporto forte, con la società e il territorio, la sua esposizione all’offensiva conservatrice sarà molto pericolosa.
Poi, certo, bisognerà riaprire una discussione anche sulla attuale dimensione verticale dell’autonomia, sulle professionalità della scuola, dei dirigenti scolastici, rivedendone l’assetto complessivo.
Riflettendo sui modelli organizzativi della scuola, Missaglia ha affrontato una serie di tematiche complesse, dalla dispersione scolastica, che ha definito “selezione di classe” sulla quale è molto alto l’impegno di tante strutture di Proteo e Flc, fino alla ridefinizione del curricolo che porta l’obbligo scolastico a 18 anni: una sfida enorme, che comporta cambiamenti radicali nei percorsi educativi formativi e un salto inedito nella stessa strumentazione e cultura contrattuale.
A cominciare dallo 0-3, momento delicatissimo della vita dei nostri “cuccioli” che non si affronta solo nella scuola, per poi proseguire lungo tutto il primo ciclo. È urgente, ha insistito Missaglia, superare l’impianto del ciclo primario e fondare una scuola di base che prepari e accompagni verso le età successive. Bisogna leggere con attenzione i processi non solo socioeconomici che hanno plasmato la maternità come fatto ansiogeno insostenibile perché il figlio deve essere da subito perfetto, polivalente, super attivo. E se ciò non accade vuol dire che il bambino (e non la famiglia o la scuola) ha un problema e allora si tratta di individuare “la malattia” e la terapia conseguente.
L’esplosione del numero di alunni “in difficoltà” e dell’equivalente esplosione del numero di docenti di sostegno che, ha sottolineato Missaglia, non integrano nessuno, è figlio di questa profonda distorsione sulla quale non possiamo più tacere.
Portare l’obbligo scolastico a 18 anni riapre anche una serie di questioni che riguardano i modelli educativi dominanti: di vita e di autonomia personale. Oggi, secondo l’Istat, 7 milioni di giovani tra i 18 e 34 anni, vivono in famiglia fino a oltre i 30 anni. Tutto ciò ha effetti enormi su molti fronti: le scelte di vita, il connesso calo delle nascite, il rischio di cadere nella gabbia dei neet, il rischio di una caduta di fiducia nella vita e nella partecipazione alla socialità.
Questo significa che la scuola deve saper costruire il passaggio verso l’autonomia, preparare all’età adulta e anche all’incontro con il lavoro. Il lavoro non è solo il luogo in cui incontriamo la durezza del capitale: è anche parte fondamentale della nostra identità, esperienza, umanità. Per questo combattiamo tutte le alienazioni e separazioni che il capitalismo vorrebbe affermare, per questo il ruolo del sindacato è fondamentale per affermare la dignità della persona.
Proteo è pronta a concorrere a costruire un percorso di transizione alla vita adulta e al lavoro, mettendo al centro una nuova pedagogia del lavoro per i giovani.
Conoscere i giovani, ha concluso Missaglia, significa anche fare i conti in profondità con i nuovi saperi, le nuove conoscenze ed esperienze che fuori dalla scuola hanno occupato tanto spazio nella loro vita. Non è semplice anche per chi come me, ha evidenziato Missaglia, continua a preferire la meta conoscenza di Francesco De Bartolomeis con i suoi 105 anni, al metaverso o alla produzione di avatar.
Capire fino in fondo le conoscenze che oggi vivono e crescono in modo imponente e velocissimo di fuori della scuola, attraverso le nuove tecnologie: senza questa capacità rischiamo di smarrire il significato, la forma e i contenuti che dovranno animare la scuola che vogliamo.
Perugia, 14 febbraio 2023