Vita con Lloyd
"Tu sai il perché c'è una giornata delle donne, Lloyd?"
"Credo che il motivo sia molto semplice, sir"
"E quale sarebbe, Lloyd?"
"Non lo sono tutte le altre, sir"
"Davvero chiaro, Lloyd"
"Mai abbastanza, sir. Mai abbastanza"
Caro Dario,
grazie per il bel documento che ci invii e che riapre, voglio sperare almeno nelle nostre organizzazioni in prima battuta, una discussione troppo assopita da tempo.
Il lessico (la logica) che utilizza il documento-protocollo merita un primo e sincero apprezzamento: finalmente si parla
di docenti e di didattica dopo la ventennale sbornia dell’autonomia letta solo in termini di: scuola-azienda, organizzazione, progettazione, organigramma e staff del dirigente, ecc. E la gestione della pandemia da Covid-19 va accrescendo in molte scuole le dinamiche dirigistiche e verticistiche.
Ritornare a parlare di protagonismo docente e dimensione cooperativa del lavoro per una sfida culturale e pedagogica dal basso e sul campo e di una autonomia come produzione di comunità allarga il cuore, dal momento che non sono sole ragazze e ragazzi ad aver bisogno oggi di sicurezza delle relazioni quanto gli stessi adulti che giustamente vanno sostenuti nella riappropriazione/ri-scoperta del delicato ruolo che la società chiede loro.
Ho subito diffuso il ‘nostro’ documento alle persone a me più vicine per un misto di orgoglio identitario e di ricerca di confronto, anche critico, e non mi sono sbagliato. Soprattutto da Rosa e Piergiuseppe sono giunti alcune valutazioni che mi sembra opportuno condividere con te anche per dare seguito al tuo invito di assicurare ai nostri ‘ragionamenti’ una ‘buona vita’, la più vasta e plurale possibile; ne abbiamo bisogno noi, ne hanno necessità le comunità professionali, ma ne ha urgenza in primis la società italiana.
Al caro-buon Piergiuseppe (a proposito di dialogo ragionevole con la pedagogia) devo il mio incontro con l’Apprendimento Cooperativo (e fu colpo di fulmine), mentre da Rosa ho assimilato una nuova e diversa sensibilità con cui guardare al lavoro delle tante colleghe che hanno arricchito la mia vita professionale. Il Pensiero della Differenza è entrato nel mio orizzonte emotivo-conoscitivo e non ne è più uscito (partivo avvantaggiato per lo smisurato amore di figlio per la propria madre). Con il tempo ho compreso il legame forte e ricco che li unisce quando analizziamo e/o interpretiamo i processi umani in logica sistemica. Soprattutto se ne vogliamo apportare cambiamenti positivi e condivisi.
Il Pensiero della Differenza è materia complessa e difficile che talvolta genera resistenze feroci, soprattutto nelle donne competenti ed emancipate che hanno assimilato, loro malgrado, i modelli maschili di protagonismo e di gestione del potere (il sindacato e la scuola, ahimè, non ne sono esenti).
Ma i temi della cooperazione (come dimensione costitutiva dell’esperienza umana) e della presenza femminile nella società mi affascinano perché da laico sospetto che il dio-biologo che ci ha creati (o fatti evolvere) ha trovato un sistema semplice ma ingegnoso per ricomporre due visioni/sensibilità di/sul mondo... e tenerci vivi/appassionati in cerca di unitarietà... di senso. Ti chiedo ascolto poiché ho sempre pensato che noi di Proteo potremmo fare molto per dare visibilità al problema.
Gino Annolfi, Proteo Puglia - San Severo, 29 ottobre 2020
Caro Gino, Caro Piergiuseppe,
ho letto con immenso piacere e ho accolto con entusiasmo il Protocollo pedagogico di Proteo sia nella parte dell’analisi che delle proposte. Proprio per questo ti prego di porre all’attenzione del Presidente Dario Missaglia alcune mie considerazioni, quale contributo alla discussione che meritoriamente il documento intende sollecitare. Per le questioni che, come tu sai, mi occupano ‘mente e cuore’ da oltre trenta anni di ricerca con le donne, quella lettura, però, mi ha procurato un forte sentimento di mancanza. Ancora una volta infatti manca l’attenzione, l’ascolto dei ‘corpi’ che abitano la scuola. Forse il registro comunicativo del testo ha prodotto questo esito, ben al di là delle reali intenzioni degli estensori. Rilevo a malincuore che non si vedono le persone in ‘carne e ossa’ che dovranno con/dividere il Protocollo e farlo camminare nella realtà scolastica quotidiana. Ancora una volta ci si rivolge a un soggetto neutro collettivo e in questo modo non si aderisce alla realtà vera della scuola perché si tace, dunque si ignora, che la stragrande maggioranza della classe docente sono donne!
Allora mi chiedo e chiedo pure a voi due, Gino e Piergiuseppe:
alla luce anche di ciò che sta accadendo anche nel nostro presente, alla luce dell’assunzione di responsabilità femminile al massimo grado negli ospedali, nelle scuole, nelle case, nei servizi in questa fase storica oggi ampiamente riconosciuta da una vasta opinione pubblica e dalle massime istituzioni, dopo la nascita del movimento Dalla stessa parte ideato da Livia Turco e il movimento Fridays for future di Greta Thunberg che ha mosso le ragazze e i ragazzi di tutto il pianeta, come è ancora possibile questa omissione (sottovalutazione?) da parte di una Associazione come Proteo Fare Sapere fortemente impegnata sul campo della professionalità dei docenti, personale ATA e dirigenti, nonché sulla difesa della scuola pubblica come ‘Bene Comune’ da tutelare e da salvaguardare?
Proverò a mostrare, attraverso lenti a noi comuni, l’opera femminile nella scuola. Ogni giorno, nell’interazione di ‘Fare e Sapere’, docenti e alunni/alunne co/costruiscono a scuola civiltà. Qual è infatti l’opera più grande della scuola? Tessere quotidianamente la tela della cittadinanza pur con tante contraddizioni. Solo la scuola offre uno spazio di crescita collettiva/democratica. Essa è indispensabile per essere, diventare donne e uomini. Piccoli e grandi. Solo nella scuola si realizza uno scambio fecondo tra diverse generazioni.
E questa civiltà è soprattutto un'opera al femminile data la stragrande maggioranza di donne che tutti i giorni la tessono nella pratica didattica quotidiana. Sono le e gli insegnanti che negli ultimi venti anni hanno resistito alla inciviltà sociale dilagante costruendo nelle scuole un argine di valori civili, un fortino di cittadinanza attiva che i ragazzi e le ragazze mettono in campo nelle azioni di volontariato. Il ragazzino, che ha protetto i suoi compagni da un attacco al pulmino scolastico e al quale poi è stata data la cittadinanza onoraria, a chi gli chiedeva dove avesse imparato, ha risposto: “l’ho imparato a scuola dai miei insegnanti...” Che erano sicuramente donne data la statistica!
Eppure, questa Civiltà, è invisibile socialmente!
La nostra società è diventata, col nuovo Diritto di famiglia, più democratica. É caduto il patriarcato e gli/le insegnanti hanno perso l’aurea di auctoritas che garantiva loro l’istituzione scuola. Ora gli/le adulti/e, anche a scuola, devono conquistare la loro Autoritas (dal latino augeo: ingrandire...) dimostrando di essere prima di tutto adulti credibili. Ai docenti tocca essere testimoni più che trasmettitori di conoscenze, competenze e valori. Alle insegnanti tocca la responsabilità di testimoniare simbolico femminile. Le ragazze e i ragazzi hanno bisogno di vedere agita l’autorità femminile. Sono sempre più diffuse le «bulle» perché le bambine, le ragazze non vogliono essere più sottomesse ma, per emergere, trovano a portata di mano solo valori maschili come competizione, supremazia, prepotenza, violenza.
La differenza femminile, non solo nella scuola, se vista e valorizzata, potrebbe diffondersi come lievito sociale potente soprattutto in questa nuova fase storica. Immensa - a mio avviso - sarebbe l’opera di Proteo se contribuisse a sostenere prassi e obiettivi di una tale portata, a iniziare da un lessico che la rilevi e la ponga all’attenzione dei propri associati e delle proprie associate.
Sarebbe bello partire dalle insegnanti come risorsa di rinascita della scuola!
Ma occorre prima vederle, mettersi in ascolto, valorizzare la loro opera perché diventi lievito per la costruzione di una civiltà altra! Le pratiche universali di esperienza femminile come la cura della vita e dell’ambiente, la generazione, la per/sistenza, la pazienza possono diventare un volano politico-culturale-economico formidabile. Questo è anche il monito di questa pandemia. Tocca a noi raccoglierlo in tempo!
Queste riflessioni non sono soggettive, ma nascono da un percorso realizzato nell’Associazione ARIAC (Associazione Ricerca Italiana Apprendimento Cooperativo) durato cinque anni e ancora in corso. Lavorando in apprendimento cooperativo tra docenti e dirigenti, infatti, si è da subito posta l’esigenza di voler essere interi/intere nel nostro impegno professionale e culturale come Associazione. É proprio nel lavoro associativo che è nato l’inciampo che ha messo i corpi in primo piano. Da lì è iniziata la nostra ricerca come laboratorio politico-culturale che pone nuove domande e che mettiamo a disposizione sicure/sicuri come siamo di fare la stessa strada.
Rosa Porcu, coordinatrice Ass. ARIAC - Manfredonia, 27 ottobre 2020
Cara Rosa, Caro Gino,
nell’esistere di una oramai irrinunciabile rimappatura per la rigenerazione dell’umano il tema del femminile diviene centrale. Se da una parte i numeri della presenza delle donne nella scuola esprimono una realtà che non possiamo non riconoscere, è ancora più evidente la differenza tra i temi di genere e del femminile. Oggi, per altro, sempre più mediaticamente presenti dalla proposizione di quesiti come “e se le donne governassero la sanità?”, “e se le donne avessero potere di agire nelle imprese?” che pongono in luce una consapevole esigenza, o un disperato tentativo: cambiare strada. Questa prospettiva richiama un “cambiare strada”, che è molto di più del riconoscimento dei diritti: prospettiva che necessita di una nuova coscientizzazione che diviene sintesi culturale ed educativa. Ovvero attiene a quel dar forma all’azione di co-costruzione dei luoghi di vita, delle città, che si manifesta come co-costruzione di un’idea di società, di una idea di lavoro, co-organizzazione dei servizi di un nuovo welfare di prossimità: quest’ultimo sostenuto, amplificato, esteso in quell’ecosistema di relazioni tra gli esseri viventi.
L’ecosistema per la formazione viene mutuato dalla biologia: definito come una comunità di organismi e del loro ambiente fisico, interagenti come un’unità ecologica. Con due conseguenze: la prima che dà forma a un pensiero di tipo ecologico; la seconda, proprio in ragione della sua denominazione, favorisce un approccio sistemico allo stesso pensiero ecologico. L’“ecosistema” rappresenta allora un insieme di interazioni, interrelazioni, comunità interagenti, interconnessioni, organizzazione, scambi, energia. L’immagine esprime facilmente una visione di rete e di comunità.
Attraverso la visione di una comunità ecologica come unione di organismi, legati in un tutto funzionante dalle loro relazioni reciproche, si comprende come la questione di genere e del femminile siano ben rappresentate.
Il Protocollo pedagogico di Proteo può rappresentare quel flusso di idee e di principi che conducono alla rigenerazione degli esseri viventi, alla co-costruzione di un ecosistema per la formazione e la resilienza trasformativa per come l’abbiamo tratteggiata: che può essere il nuovo inizio a partire dalla dimensione formativa (o educativa in questo caso) vera grande opportunità di avvio del cambiamento. Ovvero una formazione che porta i grandi temi dell’esistenza delle donne che abitano le scuole, pur attraversata da metodologie e didattiche coerenti con l’innovazione del pensiero e dell’azione.
Cosa sappiamo di come vivono e sentono le donne lo svolgersi della loro professionalità? Perché oggi i media propongono una postura al femminile come possibile soluzione ai problemi che sovrastano l’esistenza? Quale rappresentazione di ruoli e di responsabilità vorrebbero esplicitare per dar-forma-alla-loro-azione?
Il Protocollo pedagogico già contiene alcune traiettorie fondative: per esempio la necessità di riappropriarsi dei territori - che possono divenire milieu ecosistemici aperti e connessi - ri-co-costruiti come “giusti” e a “misura” di donne e di tutti i servizi necessari, dove la scuola non è subalterna ma centrale allo sviluppo culturale; per esempio la promozione dei “gruppi di riflessione” che possono essere il flusso innovativo e lo spazio per la formazione di un nuovo simbolico; per esempio il riappropriarsi dell’attivismo didattico, che può divenire opportunità di rielaborare il tema della presenza delle donne nelle scuole e del loro rapporto con la pedagogia.
In questo apparirebbe coerente esplicitare come alcuni metodi nella e della formazione ben si prestino a significare - in chiave riflessiva e del prendersi cura - il tema della differenza e delle differenze. Pensiamo all’apprendimento cooperativo, che conduce alla visione di comunità scolastica e più in generale di comunità territoriale. La differenza: il costrutto ci porta al genere, che in un discorso di gruppo cooperativo trova possibilità di esprimere i punti di vista, il potere, le interpretazioni, i vissuti di generi differenti. Anche, per certi versi, il sapere disciplinare, la sua rappresentazione. L’eterogeneità dei gruppi cooperativi chiede alla “differenza di genere” di prendere parola, di divenire “Auotoritas”, di confrontarsi non più sulla base di stereotipi, bensì di forme di pensiero co-evolutive. Alle donne di essere “Autrici” di quel simbolico emergente e soffocato nel contempo.
Le differenze: è un costrutto più ampio, che esprime le pluralità delle appartenenze culturali, delle formae mentis, delle specialità, delle relazioni con l’ambiente e con le tecnologie, con l’ecologia, che possono appartenere a ognuna e ognuno, indipendentemente “dalla differenza” del genere. È possibile dunque avviare - attraverso il Protocollo pedagogico di Proteo - una innovazione di tipo culturale che rigenera la cultura ecosistemica dell’essere vivente - donna, uomo, animali, piante - a partire dalla casa comune, come quella che abitiamo nella scuola.
Piergiuseppe Ellerani, associato UniSalento - Lecce, 28 ottobre 2020