“Certe cose sono da grandi anche per gli adulti”
WILFRED BION
Da psicoterapeuta infantile, ma prima di tutto da persona che vive l’odierna quotidianità come tutti, ciò che di più è stato stravolto, a partire dal 7 di marzo, sono stati due componenti fondamentali della nostra vita: lo spazio e il tempo.
Già per un adulto questo è uno sconvolgimento molto forte che dà fragilità alle individuali certezze. Ora immaginiamo come tutto questo sia vissuto da un bambino; improvvisamente la scuola chiude dalla sera alla mattina, dal giorno dopo niente più sveglia e i soliti “rituali” prima di partire da casa.
Ci vuole più di una settimana perché le scuole possano, in qualche modo, iniziare ad attivarsi in modalità online. Anche molti genitori rimangono a casa occupando e riempiendo stanze con computer e faldoni per poter portare avanti il loro lavoro in modalità smart working.
Di questa situazione voglio condividere uno dei tanti interventi tra quelli richiesti da parte del genitore di un mio paziente che si lamentava perché il figlio di 8 anni non stava attento alle lezioni online: “Dottore, sa lui si mette di là in cucina, ma poi si distrae, si alza, va al bagno, apre il frigo, poi la dispensa, non sappiamo più come fare!”. Chiesi così al genitore come mai il bambino si fosse “rifugiato” in cucina e quindi scopro che il padre aveva occupato, dalla mattina alla sera con il suo computer la stanza e la scrivania del figlio sottraendogli spazi e angoli preferiti.
Così, partendo da questa piccola testimonianza, frutto di un’esperienza personale, mi sembra opportuno porre l’accento e l’attenzione, in questo momento particolare, del come è mutato il vivere lo spazio e il tempo quello che noi terapeuti chiamiamo setting e che potremmo tradurre come l’insieme degli oggetti che determina e definisce lo spazio di lavoro, ma anche delle norme che ne regolano i tempi d’uso e di relazione.
Di una cosa più di tutte, in questo momento, hanno bisogno i nostri ragazzi e non da meno anche gli adulti: ovvero di setting, di norme e di una nuova routine che regoli le nostre giornate e ci permetta di evitare disorientamenti. Un setting reinventato e ridefinito con nuovi confini e con nuovi e diversi modi d’uso.
Non ci addentreremo in spiegazioni usando termini troppo tecnici, ma creare il setting significa partire da cose e bisogni molto semplici: far sì che il bambino abbia una stanza sua, uno scrittoio in un angolo tranquillo, magari con a disposizione tutti i suoi strumenti di lavoro, gli oggetti di maggior confidenza e una banalissima presa di corrente, così da evitare di interrompere la sua concentrazione durante le lezioni.
Creare un setting significa anche rispettare i tempi delle lezioni e dell’assegnazione dei compiti, così da poter permettere al bambino e alla famiglia di organizzare anche il resto della giornata.
Creare un setting per gli insegnanti significa, altresì, proteggere i loro spazi e i loro tempi e quindi far in modo di evitare distrazioni con telefonate o ripetuti messaggi.
È indispensabile entrare nella convinzione che anche se siamo a casa, non lo siamo senza fare niente: le nostre giornate, ognuno nei suoi ruoli, sono giornate di impegno e come qualsiasi altra giornata o settimana, ci sono anche dei momenti che appartengono alla sfera personale e che non devono essere invasi.
Ecco perché ai genitori è richiesto di progettare un setting funzionale a tutti i componenti del gruppo familiare e possibilmente non lasciarlo al caso, ma condividerlo con i personali bisogni dei singoli. Quanto sopra vale anche, in qualche modo per i docenti che operano online.
Ma perché è così importante avere attenzione per un setting condiviso? Perché questo rappresenta il contenitore dove muoversi e operare, dove distrarsi e sentirsi contenuto, perché senza un contenitore il bambino può sentirsi più fragile e condurlo in una sorta di ansia e di disperazione che potremmo chiamare “paura senza nome”, portandolo a vivere anche profonde angosce.
Il contenitore è quindi importante perché senza di esso si rende difficile il promuovere lo sviluppo e la crescita critica del bambino. In tempi di coronavirus credo che l’obiettivo primario nel rapporto genitori e figlio non sia solo quello di un progresso didattico, ma soprattutto quello di aiutare il bambino a comprendere, nel sé e con gli altri, ciò che sta succedendo e a realizzare un suo nuovo modo di confrontarsi con qualcosa che tanto sta cambiando intorno a lui.
Come proponeva un grande psicoanalista, Wilfred Bion, in questo momento credo che le istituzioni e le agenzie formative, nelle quali in primis includere la famiglia e la scuola, devono fungere da “apparato digerente” per la mente del bambino. Questo termine per indicare la funzione fondamentale di queste istituzioni, ovvero quello di rendere gli elementi incomprensibili, alla mente del bambino, ed elaborarli, “digerirli” per poi restituirglieli in una forma ripensata così rendendoli maggiormente assimilabili.
Si pensi alle paure, alle tante informazioni che ci arrivano quotidianamente e che a un bambino, come a un adolescente, possono creare grandi angosce e stati di insicurezza e di fragilità.
Comunque i bambini sono sempre molto attenti e cercheranno sempre di farsi un’idea propria di come “va il mondo”, ma in situazioni come quelle in cui siamo immersi in questi giorni è richiesta una maggior attenzione da parte degli adulti per accompagnarli a comprendere realisticamente quanto avviene, cercando di evitare di distorcere la realtà, ma cercando invece di trasmettere sensazioni e informazioni in una forma maggiormente “assimilabile” e “misurata” sui tempi e i modi di chi come il bambino, chiede il perché e ha diritto a risposte che non siano né sbrigative né ansiogene. Per il genitore è di certo un lavoro non facile.
Si tenga ben a mente che mai, come in questo momento, è fondamentale un aiuto consapevole ai più piccoli che devono essere comunque resi partecipi di quanto avviene, perché anche loro sono protagonisti importanti nel superare questo momento. I bambini, come tutti noi, non sono soggetti neutri, ma “persone in crescita” e quindi a rischio di sfiducia e smarrimento.
Tutto questo credo debba entrare a far parte della nostra relazione con loro e maggiormente, nello specifico, lo richiede la modalità di lezione online, il nuovo strumento nei confronti del quale dovremo obbligatoriamente confrontarci nei prossimi tempi.
Credo così che il passaggio a queste nuove modalità di insegnamento e di interazione, abbiano inizialmente disorientato molti, dai genitori ai docenti. È come se fosse arrivato un terremoto; in poche ore ci viene chiesto di lasciare le nostre case e di spostarci in delle tende, sicuramente in una situazione scomoda, nuova e che fa vacillare le nostre certezze, la nostra routine, i nostri progetti.
Ma la tenda è pur sempre un posto vivibile, certo non il migliore, ma al suo interno possiamo continuare a vivere e così ridefinire un nuovo setting alla luce di nuovi spazi, usi e tempi.
Certo è che queste nuove modalità di lavoro devono, non solo essere collocate all’interno di un preciso contenitore, e non possono essere messe in campo senza un’adeguata riflessione.
In questo momento ognuno di noi è chiamato a “pensare sotto le bombe”, come diceva Bion, e solo il pensiero e la riflessione potranno essere una premessa per fare le giuste scelte, ridefinendo, prima di tutto, il rapporto e la relazione interpersonale con i nostri bambini siano essi i nostri figli o i nostri alunni, comunque soggetti in crescita interiore e quindi esposti alle sensibilità e novità del momento.
Dott. Alessio Martini
Psicologo ad orientamento psicoanalitico
dott.alessiomartini@icloud.com