Associazione professionale Proteo Fare Sapere
23 marzo 2024

Se la scuola è

di Eliana Romano, presidente Proteo Fare Sapere Sicilia, Cts Proteo Fare Sapere

Come lascia ampiamente intendere la nostra Costituzione, il luogo dell’esercizio dell’uguaglianza e della libertà, uno spazio vitale in cui si lavora, in comunità organiche per la formazione della persona, mi pare che le attuali prese di posizione del Ministro dell’Istruzione e del Merito, stiano creando un dissesto nelle premesse teoriche, alimentato, tra l’altro, da frequenti entrate, a gamba tesa, nella sostanza dei processi educativi. Cosa che un ministro, qualunque sia la sua appartenenza politica, sarebbe molto meglio non facesse.
Un ministro dovrebbe stare, sempre, dalla parte di chi lavora nella scuola e di chi la dirige. Non è un censore o un giudice draconiano. Certamente segue la vita della scuola però, solo se ravvede comportamenti ex lege, si esprime, giudica e censura se del caso, evitando, possibilmente, i clamori della stampa che negli ultimi tempi fatica a fare il suo mestiere di semplice servizio di informazione. Difficile arrivare a comprendere, per chi legge i quotidiani, un'unica realtà. Tirata un po’ di qua e un po’ di là, se non stiracchiata del tutto, l’informazione obiettiva sta forse per rimanere patrimonio del solo giornalismo investigativo.

Quindi, sulle questioni che seguono, è necessario conservare un’alea di dubbio: non sono eventi vissuti in prima persona ma restituiti attraverso l’informazione di cui appena detto.

L’osservazione del dato di realtà:

nel nostro paese la presenza e la frequenza delle scuole vede quasi un milione di ragazze e ragazzi non italiani. Certamente la composizione di questa grande presenza è varia: da chi è arrivato da poco e per motivi diversi a chi, qui, nel nostro paese, c’è nato. Chi è fuggito e chi cerca soltanto di realizzare una vita dignitosa e si chiede perché mai noi europei, giusto per fare un esempio di casa nostra, possiamo andare dove ci pare, spostarci da un paese all’altro, mentre altri popoli no. Magari si chiede perché essendo africano è condannato a rimanere nel suo continente, a non avere passaporti internazionali e a fatica i documenti nazionali. Ma queste sono storie diverse, di cui, solo ogni tanto, ci giunge lontana eco.

Comunque sia, la composizione sociale delle nostre classi, nell’ultimo ventennio, ha subìto dei mutamenti profondi. Se consideriamo anche il tasso attuale di natalità del paese Italia, non c’è dubbio alcuno che questa massa di “stranieri” permette a molte scuole di sopravvivere.

Sarebbe estremamente opportuno che un ministro avveduto, e ribadisco, di qualunque estrazione politica egli sia, ne prendesse atto e cominciasse a domandarsi in che modo devono sostenersi le scuole, come supportare la loro autonomia, che non è quella differenziata, a cui magari si è affezionato, ma quella del DPR 275/99 e riconsiderare che la scuola è organismo con dignità costituzionale: è un’istituzione autonoma. E tanto è sancito dalle leggi a cui giustamente si appella.

A questo punto “sorge spontanea” la domanda: che politiche scolastiche sta promuovendo l’attuale ministero? Domanda ancorata prioritariamente a questa presenza nutrita di ragazze e ragazzi con background migratorio, come oggi è più opportuno dire.

Una prima risposta: classi di insegnamento di Italiano, come L2, “a parte”. Non conoscono la lingua italiana e se non la padroneggiano diventa un problema fare scuola.

Ci sono stati in un passato, abbastanza recente, degli esperimenti di questo genere, forse fruttuosi se non fosse che hanno tirato dei parlanti altre lingue fuori da un contesto di relazioni tra pari in cui il peer to peer, ad esempio, dà ben altri frutti. E certamente dà altri frutti, in termini di crescita individuale e collettiva, la relazione con i parlanti altre lingue ed il confronto con culture diverse. Ci sarebbe poi da chiedersi che fine abbia fatto la classe di concorso A23 nata proprio per questo insegnamento specifico, presente in misura assai ridotta solo nei CPIA e contesa tra scuole, di istruzione secondaria, soprattutto, che si mettono in rete per fruirne.  E questa è esperienza personale vissuta e non letta, su cui avrei molto da dire senza alcun ottimismo.

Ci sarebbe un organico dell’autonomia che potrebbe essere alimentato anche con queste risorse umane, preziosissime, soprattutto in alcuni contesti scolastici, ed invece vanno a peso d’oro e ridotte a lumicino. Altra domanda: perché nella scuola dell’autonomia con fortissima presenza “straniera” non fa quasi mai ingresso un mediatore culturale e/o un mediatore linguistico? Ci sono fior di centri, in tutta Italia, che formano queste figure che nella scuola, però, non ci sono. Solo per caso e con tanta buona volontà delle scuole, degli EE.LL. e del mondo dell’associazionismo riescono ad avervi accesso.

Ma noi siamo proprio sicuri che la conoscenza della nostra sola lingua italiana e della nostra sola cultura, eurocentrica, sia davvero utile per non dire rispettosa dei dettami e delle finalità che la Costituzione attribuisce all’istituzione scolastica? Non credo affatto.

Di sicuro, non è utile: si cresce nella contaminazione e nella conoscenza reciproca. Non si cresce nell’obbligo di una cultura. Togliamo da questo ragionamento la dimensione etica perché è assolutamente scontata. Non c’è cultura identitaria ma ci sono le culture nate da processi di sintesi e contaminazione continui. La Storia delle migrazioni e delle realtà sociali e culturali che via via si sono realizzate può avere una sola lettura. Salvare le identità non significa salvarne alcune a danno di altre.

Da più di vent’anni il ministero produce Indicazioni, Orientamenti, studi e ricerche sul campo (e mi piace citare quelle pregevolissime di Vinicio Ongini che al ministero ci lavora) che dovrebbero indicare alla scuola come e cosa fare in casi di forte presenza immigratoria.[i]

L’Italia è il paese delle “macchie di leopardo”, non smacchiabili, fino ad oggi.  Accanto a scuole di eccellenza o a docenti e dirigenti di grande valore, coesiste una realtà stantia, tradizionalista, spesso tale per demotivazione e stanchezza e non per convinzione profonda.

E tra queste “macchie” è difficile fare rete e portare a sistema le esperienze maturate. Il meglio quasi sempre va disperso ed obliato.

Comunque sia, qui vorrei soffermarmi su ciò che accade ed è leggibile, nella normalità della vita scolastica che dovrebbe essere una vita serena.

Se un dirigente scolastico, in accordo con gli EE.LL., modifica il calendario scolastico regionale (che sempre prevede un numero di giorni oltre i duecento) ed introduce giornate di interruzione delle attività didattiche, per motivi legati alla sua utenza, che va rispettata, ed in questa decisione ha l’assenzo degli OO.CC., preposti, per legge a deliberare, che ci si aspetterebbe?  Di certo, non l’immediato palesarsi della censura. Possibile, non certa, ma intanto si mette in moto il clima intimidatorio. Ma un D.S. lo può fare? Una scuola può farlo? Assolutamente sì: ciò che non può fare è decurtare i 200 giorni di lezione che deve, per legge, assicurare alle studentesse e agli studenti.

La stampa, ovviamente non si occupa di questi aspetti organizzativi garantiti dall’autonomia scolastica che è legge dello Stato, appare più impegnata a mettere fiocchi e fiocchetti in ogni dove e la gente, specie coloro che della scuola ne sanno poco, si perde nei meandri di parole, opposizioni propagandistiche che non fanno bene a nessuno, neanche a chi ha dato il “LA” alla querelle. E non è la scuola in quanto è già la presunta rea.

Ma un/una DS può scrivere alle famiglie ed agli alunni se li vede sottoposti ad azioni di violenza che tanto ricordano la Storia recente del nostro paese? Può esprimere una sua opinione o deve restare in silenzio, muta burocrate esecutrice di ordini superiori?  Ma chi glielo vieterebbe? Nel nostro paese esiste ancora una democrazia e la libertà di pensiero e parola ne sono due caposaldi (ci sono almeno un paio di artt. della Costituzione l’11 ed il 21 che garantiscono libertà di pensiero ed opinione).

Perché un leader educativo, quale è un dirigente scolastico non può e non deve esprimere la sua preoccupazione ed il suo giudizio? Ma si deve occupare solo di carte e burocrazia o deve dare corpo al suo mandato di leader di comunità educanti? Si sostiene che la scuola non deve fare politica asserendo un non senso, naturalmente. Sfido chiunque abbia un minimo di formazione storico umanistica a dimostrare quale azione o comportamento possa definirsi a – politico, dentro e fuori la scuola. La politica è la vita sociale di ogni giorno: ognuno di noi decide o non decide, sceglie o non sceglie ed i suoi comportamenti sono sempre ascrivibili a scelte della polis/comunità di cittadine e cittadini di cui fa parte. 

Insomma, alla fine della fiera, a me pare che la confusione tra norme, ruoli e funzioni, regni sovrana, che ogni comportamento divenga una miccia utile per l’innesco di scontri politici, quasi sempre funzionali ad altro, con ottima rovina - mi scuso per l’ossimoro - della scuola, della sua funzione e del suo mandato. Un continuo frastuono, promesse, minacce e talk show. Ed in questo bailamme si perdono proprio quei dettami costituzionali e quelle norme che ne discendono che si rivendicano come tutrici assolute della vita scolastica.

Qualcosa davvero non torna. Per me che sono stata anni a dirigere scuole pubbliche e che ho rivestito, con passione il ruolo di funzionaria della repubblica, questi interventi continui dell’attuale ministro cominciano a preoccuparmi. Non si tratta di semplice solidarietà con le colleghe ed i colleghi che hanno l’onere delle scuole sulle spalle - e devono, oggi come oggi, averle molto larghe - ma è l’inadeguatezza e l’inopportunità degli interventi ministeriali che mi fa pensare.

Quindi, mi faccio un breve riassunto:

  • una scuola che ha circa la metà dei frequentanti di cultura e religione diversa dalla nostra non può permettersi di includere nel suo calendario, pur nel rispetto di norme generali e in regime di autonomia, una giornata da dedicare alla cultura ed alla religione proprie di gran parte dei suoi alunni e delle loro famiglie, ovviamente;
  • nessuna/o dirigente può esprimere una preoccupazione di tipo educativo se non pesando ogni singola virgola e accento grave ed acuto; meglio se resta burocrate per quanto le norme che ne determinano il profilo glielo impediscano almeno dal 2001;
  • la grande massa di alunne ed alunni con background migratorio vanno compressi nella lingua e nella nostra cultura; cioè più che integrarli dobbiamo assimilarli. Dobbiamo anche impoverire le nostre ragazze ed i nostri ragazzi della conoscenza di altre culture ed altre storie che non siano quelle di casa loro con buona pace del mondo cha ha ormai dimensioni globali in cui le culture ci sono tutte e non qualcuna sì e qualcuna no.

Ma che scuola è? Che tipo di retromarcia abbiamo ingranato? Poco pensiero critico, meglio niente; parole poche e ben pesate; teste formattate e ben confezionate; cultura identitaria uguale per tutte e tutti; una sola lingua, quella italica, tutt’al più quella buona per il made in Italy. Largo all’intelligenza digitale e porte chiuse all’umana intelligenza.
Una realtà inquietante quella che ci stiamo lentamente costruendo senza accorgercene, quasi, che fa leva sulla scarsa conoscenza e sul disinteresse dei più. La consolazione sono i giovani che non hanno preoccupazione identitarie così scomposte, anche se parecchi adulti stanno iniziando a lavorarci su con diligenza. Tuttavia, gli steccati non fanno parte del loro sentire ed hanno una percezione del mondo globalizzato molto più chiara della nostra. E vivaddio riescono anche a scendere in piazza perché animati da spinte pacifiste!

Credo sia giunta l’ora di rimboccarsi le maniche, tutte e tutti, intendo coloro che hanno a cuore la scuola della Costituzione, credo non si possa più perdere tempo a ragionare sulle cose che dividono e immediatamente cercare quelle che uniscono. Una c’è e vale per tutti: la scuola che la Costituzione ha assicurato. In questa scuola ci stanno dentro tutte e tutti, bianchi e neri e gialli e rossi; cristiani cattolici, protestanti e musulmani, anche induisti e forme religiose sincretiche. La storia delle religioni è programma dei docenti di Religione se proprio vogliamo essere pedanti! Tutte e tutti meritano rispetto e vanno riconosciuti.

Leggere e capire come funziona la scuola, cosa dicono le norme che la regolano, non le opinioni, è un obbligo per coloro che ci lavorano dentro… magari se lo ricordassero più spesso anche i ministri non sarebbe male! Frenare la discesa libera e senza rete in cui la scuola sta cadendo, giorno dopo giorno. È una questione politica ed etica, adesso sì: ricordare ed agire la scuola degli artt.3, 33 e 34 e lavorarci assieme e di buzzo buono.

 


[i] Alcuni dei riferimenti normativi annoverati dal gruppo di studio e lavoro del CTS nazionale “Didattica delle lingue, Democrazia e Intercultura”, coordinato dal prof.re G. Lopez:

  • DPR n. 394/1999 – ART.45 riguardante l’iscrizione degli alunni stranieri soggetti all’obbligo, che vanno iscritti alla classe corrispondente all’età anagrafica, salvo che il Collegio dei Docenti deliberi l’iscrizione ad una classe diversa;
  • DPR n. 122/2009, Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni (anche stranieri) del I° e II° ciclo d’istruzione;
  • Consiglio d’Europa, Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e interculturale, 2011;
  • Consiglio d’Europa, L’integrazione linguistica dei migranti adulti. Guida per l’elaborazione di strategie e la loro attuazione, 2014;
  • Commissione delle comunità europee, Study on educational support for newly arrived migrant  children. Final report, Bruxelles 2012;
  • MIUR – Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale, La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri, ottobre 2007;
  • Commissione delle Comunità europee, Libro verde. Migrazione e mobilità: le sfide e le opportunità per i sistemi di istruzione europei, Bruxelles luglio 2008;
  • MIUR, Piano nazionale L2. Iniziative per l’insegnamento/apprendimento di Italiano L2 per alunni di recente immigrazione di scuola secondaria di primo e di secondo grado. Progetto “Scuole aperte”, 2008-2009;
  • MIUR, Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri, febbraio 2014;
  • Ministero dell’Istruzione, Orientamenti interculturali. Idee e proposte per l’integrazione di alunni e alunne provenienti da contesti migratori, a cura dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’educazione interculturale, 2022
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